Tata Safari
Restyling per il fuoristrada indiano IN DIRETTA DALL’INDIAGIULIANOVA LIDO – Dopo aver rinnovato la gamma auto, e in attesa di proporre la nuova serie del pick-up, la Tata, ormai nota casa indiana, ristilizza il suo fuoristrada, il Safari. La versione restyling del mezzo orientale, è equipaggiata con 3 diesel (l’ormai storico 2000 TDI da 87 cv a iniezione indiretta, e i più moderni 2200 TDI da 140 cv e 3000 TDI da 116 cv, entrambi a iniezione diretta).
Il restyling è stato mirato, nei punti in cui vi era più bisogno (frontale e posteriore). Ora il nuovo frontale è più europeo ed elegante del vecchio (mascherina con bordature cromate, fari avvolgenti), mentre il posteriore, a parte il nuovo design dei fari, è rimasto uguale (il grande portaruota di scorta campeggia sul portellone che si apre controvento).
Anche internamente la mano degli ingegneri si è fatta ampiamente sentire. Nuova plancia, molto meno spartana di prima (consolle satinata molto elegante, quadro strumenti con contachilometri e contagiri dai bordi satinati), spazio a bordo sempre meglio sfruttato e sfruttabile, sellerie morbide e confortevoli.
Ed ora il test drive. Il Safari guidato è stato il 2200 TDI 140 cv Dicor da 23125 €. Questo veicolo che viene dal Gange, è stato reso più moderno e meno spartano da questo provvidenziale restyling, che ha accostato l’imponente fuoristrada ai gusti del pubblico europeo. La principale novità del nuovo modello è sotto il cofano, dove campeggia ora, oltre al vecchio 2000 da 87 cv a iniezione indiretta, un moderno 2200 TDI Dicor common rail da 140 cv (il motore testato in prova, oltre al 3000 sempre common rail da 116 cv), che rende più aggressivo, scattante e pronto a tirar fuori da ogni situazione il Safari, assicurando un confort adeguato anche su strade asfaltate (gradisce molto gli sterrati grazie alla trazione integrale inseribile elettricamente).
Infine i prezzi: si va dai 21601 € del 2000 TDI da 87 cv ai 22631 € per le due motorizzazioni Dicor (il 2200 da 140 cv e il 3000 da 116 cv) (Diesel).
A cura di Bruno Allevi