Daihatsu Charade
Provata la Daihatsu Charade SEPARATE ALLA NASCITASAN BENEDETTO DEL TRONTO – La Daihatsu lancia sul mercato italiano una utilitaria che rispolvera uno storico nome della casa nipponica: Charade. La nuova Charade deriva direttamente da un best seller dell'automobilismo moderno, la Toyota Yaris (Daihatsu fa parte insieme a Subaru del Gruppo Toyota), ed è equipaggiata con un 1300 benzina da 100 cv, nell'unico allestimento Be You Five.
Esternamente la piccola nipponica è la copia identica in tutto e per tutto della Yaris attuale, tranne che per il simbolo Daihatsu sul cofano, e le scritte sul portellone posteriore. Per tutto il resto (frontale, coda e corpo vettura) la Charade e la Yaris sono due gocce d'acqua.
Salendo a bordo della Charade, troviamo un abitacolo spazioso, comodo e assemblato con materiali di qualità. Tecnologica è la plancia, dove troviamo nella parte alta centrale il quadro strumenti digitalizzato, nella parte centrale della plancia invece trova alloggiamento la radio cd e in fondo consolle troviamo le manopole del climatizzatore.
Ed ora il test drive: la Daihatsu Charade provata è stata la 1300 Be You Five da 13686 €. La nuova vettura di casa Daihatsu, gemella della Toyota Yaris, rispolvera un nome che la casa giapponese usò negli anni '80 per una sua piccola e sportiva vettura. La nuova serie della Charade, non ha del tutto perso in sportività, rispetto al modello di crica 20 anni ma. Ha inoltre guadagnato in abitabilità, confort e spazio, prendendo tutto quello che di buono la Toyota Yaris, da cui la Charade appunto deriva, ha.
Su strada il prodotto orientale se la cava egregiamente sia nel traffico cittadino (grazie alle forme compatte) che su percorsi autostradali. Tutto questo è merito del 1300 Toyota da 100 cv, motore brillante ed elastico che rende la nuova nata in casa Daihatsu un'auto dalle prestazioni di tutto rispetto.
Infine il listino prezzi: si va da 13490 € della 1300 Be You Five fino ad arrivare a 14140 € della 1300 Be You Five con Cambio Automatico (Benzina).
A cura di Bruno Allevi
(Luglio 2011)